IL NATALE DEL GUFO, di Mario Campanini

Il Natale del Gufo

Illustrazione di Eugenio Bausola

 

Era il giorno di Natale, anche se lui non lo sapeva.

La foresta dormiva sepolta da una spessa coltre di neve che aveva prostrato i rami degli alberi e imprigionato gli arbusti sotto minuscoli igloo.

Per tre giorni era nevicato ininterrottamente e adesso, alle prime luci del giorno, il paesaggio pareva privo di vita, come se un’improvvisa e terribile malattia avesse cancellato ogni essere vivente dalla faccia della Terra.

Nel biancore lattiginoso dell’alba, cielo e terra avevano rimosso i loro confini e si fondevano come una cosa sola.

Dall’alto del suo posatoio, riparato da un grande ramo laterale del faggio, lui se ne stava immobile.

Gli occhi socchiusi filtravano quel bagliore bianco che si faceva di minuto in minuto più intenso.

Il piumaggio gonfio, per meglio conservare il calore corporeo, lo faceva apparire ancora più imponente.

La fame lo tormentava. Tutta quella neve rendeva più difficile la cattura delle prede.

I piccoli roditori, al riparo di quella coperta bianca, scavavano gallerie e si muovevano sotto di essa senza essere scorti da nessuno e di uccelli non si vedeva traccia.

Forse si erano avvicinati al fondovalle, dove la presenza degli uomini offriva qualche possibilità in più di trovare cibo.

Durante la notte appena trascorsa aveva tentato un attacco ad una lepre che si era avventurata fuori dal suo nascondiglio, ma non era andato a buon fine e lui era rimasto soltanto con qualche ciuffo di candida pelliccia tra gli artigli.

La lepre, spaventata a morte ma incolume, era riuscita a mettersi in salvo nella cavità posta sotto il grande masso.

Girò la testa lentamente ed i suoi grandi occhi color arancio furono attratti da una moltitudine di piccole luci multicolori, che inviavano segnali intermittenti là dove si intravedevano i villaggi degli uomini.

Piccole colonne di fumo salivano verso il cielo e proprio in quel luogo, in quel preciso momento, si stava celebrando un rito di abbondanza fatto di prelibatezze, di tepore e di allegria.

Ma anche questo lui non lo sapeva.

Lui era un gufo reale, un signore della foresta, un predatore temuto e rispettato. Nella sua vita non c’erano mai stati riti e feste di abbondanza, ma soltanto lotta, dura lotta per la sopravvivenza e…

Un sottile rumore! Era stato uno schiocco quasi impercettibile, ma il suo udito finissimo l’aveva colto.

Ruotò la testa in direzione della radura ed i grandi occhi magnetici individuarono la preda. Finalmente!

La lepre era ancora parzialmente nascosta sotto un ramo d’abete schiacciato al suolo dalla neve e lui attese, con pazienza, che si muovesse in uno spazio più scoperto.

Il suo corpo fremeva nell’attesa del silenzioso attacco mortale.

Ma… dal basso si udì il fruscio di passi strascicati nella neve.

E poi voci e un ansimare di fatica.

Dal bosco emersero un uomo ed un bambino, infagottati di pesanti abiti e con le racchette ai piedi.

Fecero una sosta al centro della radura ed in quel momento la lepre, che si era acquattata al loro arrivo, scattò nella direzione opposta.

Si udì il grido acuto e gioioso del bambino mentre la lepre si dileguava.

Il gufo aprì le grandi ali e si rifugiò nel folto della foresta, in compagnia della propria fame.

Era Natale, ma lui non lo sapeva.

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