GRUCCIONI AL SOLE, di Mario Campanini

Gruccioni al sole

Illustrazione di Eugenio Bausola

Colorati come pappagalli dei tropici. Eleganti come rondini di mare. La natura ha puntato sulla bellezza, nel plasmare i gruccioni. Davanti alla colonia della Ripa Alta era tutto un andirivieni di voli ed il sole giocava con il loro piumaggio, creando meravigliose magie di colori.

La stagione riproduttiva era al suo culmine e genitori indaffarati andavano e venivano dai nidi scavati nella ripa.

Api, vespe, calabroni e libellule erano catturati con destrezza, resi inoffensivi e portati al nido, dove scomparivano nei becchi sempre aperti di schiere di pulcini petulanti.

Lo spazio intorno alla colonia risuonava dei loro richiami e l’impressione che se ne traeva era di allegra e irrimediabile confusione.

In realtà quel caotico modo di vivere nascondeva delle regole, ben note ai gruccioni. Ogni nido apparteneva ad una coppia che, infallibilmente, non confondeva mai il buco in cui infilarsi. Ogni posatoio aveva un proprietario ed i furbi, che non mancavano, venivano ben presto rimessi al loro posto. Ciascun membro della coppia riconosceva la voce del compagno e recepiva il messaggio giusto anche in mezzo a quella babele di richiami. E poi, regola fondamentale, la colonia reagiva all’unisono di fronte a qualsiasi minaccia.

La dimostrazione di questa strategia di difesa l’avevano data qualche giorno prima, quando un biacco era sbucato dai cespugli che bordavano il torrente ed aveva puntato con decisione verso la Ripa Alta.

Le grida di allarme si erano subito levate concitate, richiamando anche i gruccioni che stavano cacciando più lontano. I primi ad intervenire erano stati quelli che si trovavano nei pressi dei nidi, che si gettarono in picchiata sul rettile sfiorandolo e tentando di distrarlo. Il biacco, dapprincipio, non si lasciò intimidire e continuò per la sua strada, fermamente intenzionato a banchettare con qualche pulcino.

Ma la situazione, per lui, divenne ben presto insostenibile. A decine i gruccioni si gettarono sul nemico e le beccate, sulla coda, sulla schiena, procuravano fitte dolorose e costringevano il predatore a contorcersi ed a rivoltarsi continuamente.

Il serpente tentava di mordere saettando il capo di qua e di là, ma i gruccioni, volando e strepitando, rimanevano sempre fuori tiro della sua bocca e lo attaccavano da dietro senza dargli respiro. Per sottrarsi a quel tormento il biacco decise che non rimaneva altro da fare che svignarsela e così fece, scomparendo come un fulmine tra gli sterpi della riva.

La variopinta comunità volò a lungo, in tondo, sulla Ripa Alta, in un crescendo di strida e richiami.

Il messaggio pareva chiaro: “l’unione fa la forza!”.

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