AGOSTO DA PELLEGRINO, di Fabrizio Burlone

Agosto da Pellegrino

Illustrazione di Eugenio Bausola

 

Dino era falco di città. Si era trasferito in centro anni addietro, e non se ne era mai pentito. Tutto quanto a portata di mano, un ambiente ben tenuto, parchi, giardini, vicini che dopo un po’ li conosci tutti e tutti conoscono te eccetera.. Da casa sua, proprio accanto alla basilica, il panorama poi era uno spettacolo.

Certo, suo cugino di Roma aveva di dirimpetto una basilica ben più importante, e vicini di casa più …come dire… altolocati.

Ma qui c’era meno traffico, meno confusione, meno pericoli..

Però, piccola o grande che sia, la città ha pure i suoi inconvenienti, e uno in particolare di questi tempi gli stava togliendo anche il sonno. Miii, ma che caldo! Ma come si fa? A parte che tra muri e selciato è come campare in mezzo alle rocce, che già fa qualche grado in più di suo. A parte gli scarichi dei condizionatori, le auto, i cantieri e tutte quelle altre alzate d’ingegno che d’estate non fanno altro che aggiungere calura a calura.. A parte che erano giorni che non c’era un filo di vento, neanche oltre ai tetti delle case, neanche a pagare. A parte tutto, miii.. ma che umidità. Ci volevano i polmoni di un pesce, o almeno di una rana per respirare. Da ammattire. Sono le risaie, non ci puoi fare niente, gli dicevano. E invece ci poteva fare qualcosa sì, perdinci. Poteva andare al mare. Suo cugino, il Falco Della Regina, già ci stava. Aveva fatto nido su di un isola, in un piccolo arcipelago un poco più a sud. “Tu t’hai da venirmi a trovare..” gli raccomandava sempre, “..’un siamo mica in capo al mondo… Sole, mare, aria buona, e che tu voi d’altro? T’hai da venirmi a trovare, ti dico, e t’hai da fermarti qualche giorno, anche.” Bene, quest’anno l’avrebbe preso in parola.

Così era partito con le prime termiche della giornata, era salito in alto in alto e poi si era tuffato verso il mare, felice e contento come una Pasqua. Per un paio d’ore almeno, vale a dire fino a che non si era trovato a sbattere contro un muro di altri volatili, e non si vedeva ancora neanche l’ Appennino . Sali di quota, scendi di quota, vira a dritta, vira a sinistra: inutile. Era come volare in stormo, una cosa inconcepibile. Si marciava ancora, però che pa… che seccatura, volevo dire.

Un po’ per ammazzare il tempo, un po’ per curiosità, attaccò bottone con un gabbiano alla sua destra. “Ma ci sono già le migrazioni, quest’anno?”

“Le migrazioni?” rispose l’altro? “Uè , ma da dove vieni, tu? Dalla val Brembana?”

“No, è che non me ne intendo molto, sa, io sto in città..”

“Ma perché, ti sembro un campagnolo io, testina? Io abito in darsena, se permetti, praticamente in centro a Milano. Quindi non venire a fare lo splendido con me, hai capito?”

“No, no, per carità.. E’ solo che mi chiedevo che cosa ci facessero qui tutti questi uccelli..”

“Son venuti a pettinare le bambole, no? Perchè tu che ci fai?”

“Veramente io sto andando a trovare un mio amico, al mare…”

“Bravo Leonardo, e magari visto che è agosto, fa caldo e il mare è proprio qui davanti, anche gli altri stanno andando a trovare qualcuno al mare. O magari stanno andando al mare e basta, no?”

“Tutti quanti?”

“No, solo i primi cinque davanti. Gli altri non sapevano cosa fare e si son detti: ‘andiamo a vedere dove vanno questi cinque qui’. Poi la voce si è sparsa, un curioso tira l’altro… Tutti quanti, certo. Ma da dove vieni te le ferie non le fanno?”

“E’ solo che non mi aspettavo tutta questa calca…”

“Eh già, perché al mare d’estate ci vuoi andare solo tu. Senti, la conversazione è interessante, ma io devo girare che ho la Titti, la Lella e il Franco che mi stanno già aspettando giù a Bergeggi. Ci vediamo in giro, eh?”

“Va bene, e grazie per l’informazione..”

“Un piacere, simpaticone. E stammi bene, eh..”

 

Detto questo piegò d’ala e sparì tra folla. Solo allora Dino si accorse che avevano finalmente raggiunto e superato l’Appennino e di fronte a loro, immenso, si apriva il mare. La maggior parte del traffico stava defluendo verso ponente, un altra bella fetta verso levante e pochi, veramente pochi, proseguivano in linea retta verso il mare. Normalmente non l’avrebbe fatto neanche lui, ma se restava altri dieci minuti in coda finiva che ammazzava qualcuno.

Dopo qualche ora di volo, faticoso ma fondamentalmente tranquillo, comparvero finalmente i primi scogli dell’arcipelago di destinazione, e alla fine anche le isole, di persona personalmente. Miii.. ma che ressa.

E non solo di uccelli questa volta, ma anche e soprattutto di umani: ogni spiaggia, spiaggetta, lembo o striscia di sabbia, terrapieno, prato, praticello, scoglio piatto, scoglio quasi piatto, spianata, pontile, galleggiante, insomma, qualunque superficie anche solo parzialmente adatta a posarsi, ospitava un carico umano impossibile. C’erano umani bianchi, rosa, rossi, marrone e neri. A strisce colorate e in tinta unita. Grossi, piccoli, medi, maschi, femmine, giovani e anziani c’erano tutti, non mancava proprio nessuno. E dove non ci stavano loro ci stavano i gabbiani. Mii.. quanti gabbiani: comuni, reali, corsi, glauchi, corallini, tridattili, gabbianelli, gavine, zafferani, mugniaiacci.. beh, forse ne ho messo qualcuno di troppo. Ma è anche facile che me ne sia dimenticato qualcun altro, quindi andiamo alla pari. E garzette, nibbi, falchi pellegrini, della regina, gheppi, sterne, giusto per citare quelli avvistati così, a colpo d’occhio. Scoraggiato da quell’imprevista difficoltà, Dino si posò sull’unica roccia rimasta libera, praticamente un sasso a pelo d’acqua. E il sasso, facendogli quasi venire un infarto, tirò fuori la testa e protestò.

“Senti bello, vabbè che non pesi niente, ma almeno chiedere prima di allargarti ti sembrava proprio così brutto?”

“Ma tu parli!” esclamò Dino.

“Se parli tu, bello, perché non dovrei farlo io.”

“Beh, una roccia..”

“Roccia a chi, bello? Io sono una Tartaruga.”

“Una Tartaruga! Ma certo! Ne avevo sentito parlare, ma non ne avevo mai viste..”

“E invece eccomi qui, bello: Tartaruga Comune, Caretta Caretta. Senti bello, conti di rimanere appiccicato alla mia schiena ancora per tanto? Non per farla difficile, bello, ma io lì avanti devo proprio andare sotto, altrimenti ciao pranzo e ciao cena. ”

“No, no, scusa. Stavo solo riordinando le idee, sai non mi aspettavo tutta questa confusione..”

“Ah, ma qui è sempre così in stagione. E’ il bello di agosto, bello.”

“Se sembra bello a te..”

“Ma certo che è bello, bello. E’ l’estate: gente, musica, casino, sole e mare. Dura quel che dura: una settimana, due. Tre se sei fortunato. E poi torni al tuo profilo. Ma se te la sei giocata bene, bello, ti resta dentro tutto l’anno.”

“Ma tutta questa gente..”

“Non morde, bello. Buttati a pesce. Magari riesci anche a tirarne fuori qualcosa. Gira, vai sul pezzo. Comunica. Sei qui da solo?”

“Ho un cugino che abita da queste parti, ma non sono sicuro di riuscire a trovarlo.”

“Provaci, bello, l’appoggio degli indigeni è sempre di primissima. E se non lo trovi, torna qua che te ne dico qualcuna io.”

“Sei di qui anche tu?”

“No, bello. Sono nata su un isola così lontana che se te lo dico ti vengono le penne bianche. Ma ci vogliono ancora un sacco di anni prima che mi tocchi di tornare al nido. E nel frattempo l’estate me la faccio qua, sulle onde.”

“Ma c’è qualche posto un po’ più quieto?”

“Certo che c’è, bello. Adesso ti dico, ma poi tu ti scolli e te lo vai a cercare, va bene?”

 

“E così mi sono trovato un posticino niente male: una caletta un po’ fuori mano, ma in cinque minuti ero da mio cugino. Alla mattina si andava a pesca. Dovrei dire a caccia, ma lì ovviamente tutto quanto sapeva di pesce. Di pomeriggio ce ne stavamo tranquilli tranquilli, al fresco, sotto alla brezza. Da signori. Alla sera: cena, un po’ volo di gruppo, un po’ di relazioni pubbliche e se non si combinava niente di interessante, a nanna.”

“Tutto riposo, quindi” domandò il vicino.

“Direi di sì. Di cose da fare e da vedere ce ne erano, ma avevo proprio bisogno di rilassarmi un tantino. Verso fine mese poi sono arrivati i temporali che danno il segnale di fine stagione, e sono rientrato. Si sta bene anche qui, adesso.”

“Beh, sembra proprio un bel posto. Magari l’anno prossimo ci vado anche io.”

“Magari. Io ho conservato qualche indirizzo, magari facciamo un gruppo, no?”

“Potrebbe essere una buona idea. Beh, comunque manca un anno, e nel frattempo ho del lavoro da sbrigare. Ci vediamo.. “.

“Ci vediamo, e salutami a casa..”.

Dino si soffermò un attimo a guardare il vicino che si allontanava, poi il suo sguardo fu attratto dalla Cupola.

Tutto sommato era bello anche essere a casa, oggi.

pellegrino

Illustrazione di Margherita Mazzetti

 

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