IL RE DEGLI ANIMALI, di Mario Campanini

Il re degli animali

Illustrazione di Eugenio Bausola

Raccontano gli anziani che nelle antiche foreste, in un giorno particolare dell’anno, tutti gli animali, grandi e piccoli, diurni e notturni, si radunano per eleggere il loro Re.

L’eletto esercita il suo potere fino all’anno successivo, quando una nuova assemblea generale nomina un nuovo monarca.

Il Re, se scelto tra gli animali preda, non potrà essere cacciato e ucciso da nessuno durante l’anno di reggenza. Se invece appartiene alla schiera dei predatori dovrà astenersi dall’uccidere qualunque essere vivente e saranno gli altri animali a cacciare per lui e, quindi, a provvedere al suo sostentamento.

Il compito del Re è quello di adoperarsi per mantenere inalterato l’equilibrio della foresta, frenando gli eccessi, esigendo sobrietà e correttezza nei comportamenti, distribuendo lodi e punizioni ai sudditi con equità e parsimonia.

Il suo giudizio è inappellabile.

Avvenne che un anno fu eletto Re il cervo più anziano. Di corporatura massiccia, esibiva un trofeo di ben quattordici punte che, unitamente al portamento maestoso, gli conferiva un’aura di nobiltà assoluta.

Per quattro mesi esercitò il suo potere con dignità ed equilibrio e non c’era animale, nella foresta, che non fosse soddisfatto di lui.

Ma un giorno un coro di latrati furiosi ruppe l’armonia della selva. Uomini armati la percorsero in lungo ed in largo, violando anche i suoi recessi più segreti, finché uno sparo lacerò il silenzio, rimbombando a lungo.

Tutti gli animali trattennero il respiro e la foresta stessa pareva paralizzata, come un imputato in attesa della sentenza. E la sentenza arrivò. La annunciarono nuovi furiosi latrati e le grida sguaiate degli uomini.

La foresta aveva perso il suo Re.

Il giorno successivo tutti gli animali si riunirono e all’unanimità decisero di abbandonare la foresta per sempre, come forma estrema di protesta nei confronti di quegli esseri spietati, avidi e privi di rispetto. Anche gli alberi, muti ma solidali, decisero di associarsi alla protesta e cessarono di pompare linfa verso le loro chiome, lasciandosi disseccare. Nel giro di pochi giorni non una foglia rimaneva attaccata ai rami e della foresta, rimasta per secoli rigogliosa e vitale, non restò che una distesa di tronchi morti, tristemente simili alle croci di un cimitero.

Gli uomini, come sempre, non impararono la lezione e imputarono quel disastro a cause naturali, a fenomeni ciclici…

Così, ancora oggi, continuano imperterriti a cancellare le foreste con la stessa, tragica, irresponsabilità.

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